Con questo contratto si ha a disposizione un'ampia gamma di prodotti di credito.
Alcune differenze possono essere legate alla grandezza dell'azienda di appartenenza.
Con le utlime novità di legge quasi tutti i lavoratori a tempo inderterminato possono accedere ad un prestito da rimborsare con la cessione del quinto.
Contratto di lavoro a tempo indeterminato
Nel contratto a tempo indeterminato non ne è fissata a priori la durata della prestazione. Un contratto dovrebbe essere generalmente a tempo indeterminato a meno che non è esplicitamente indicata una forma diversa.
Nei contratti a tempo indeterminato potrebbe essere ammessa una clausola che stabilisce che il contratto non può essere risolto prima di un certo periodo (ad esempio, 3 o 5 anni). Tale situazione si verifica generalmente solo nei contratti stipulati con dirigenti o con impiegati di un certo livello. Inoltre, questa condizione, pur garantendo la prosecuzione del rapporto per il periodo fissato, non muta la natura del contratto a tempo indeterminato. Tale clausola indica il limite minimo ma non il limite massimo. Il contratto può quindi continuare senza una scadenza predeterminata.
In ogni caso, prima che il contratto produca ogni effetto, è consentito un periodo di prova, durante il quale il contratto può essere rescisso da entrambe le parti in qualsiasi momento. La durata del periodo di prova, che varia a seconda della categoria del lavoratore, deve risultare da atto scritto (art. 2096 c.c.).
Periodo di prova
Il periodo di prova di un lavoratore per conto di un datore deve risultare da atto scritto. Questo atto deve essere contestuale o anteriore alla data di instaurazione del rapporto di lavoro (art. 2096 c.c.). Se il patto di prova è stipulato in un periodo successivo o in forma non scritta si considera nullo. Di conseguenza, il rapporto di lavoro acquista immediatamente carattere definitivo (Cass. 19 aprile 2001, n. 5591).
Il patto di prova non solo deve risultare da atto scritto, ma deve anche specificare le mansioni che il lavoratore deve svolgere durante questo periodo. La mancanza di tali caratteristiche costituisce motivo di nullità del patto, ed il lavoratore viene considerato assunto in via definitiva fin dall’inizio. Specificare le mansioni permette al lavoratore di impegnarsi secondo un programma ben definito in base al quale può mostrare le proprie attitudini. D’altra parte, il datore di lavoro può esprimere meglio le proprie valutazioni sul lavoratore proprio in base alle condizioni specificate nell’atto scritto. (Cass. 30 ottobre 2001, n. 13525). La corretta esecuzione del patto di prova presuppone la destinazione del lavoratore alle medesime mansioni indicate nel patto (Cass. 17 settembre 2003 n. 2357).
L'imprenditore è tenuto a consentire che si effettui l'esperimento che costituisce il patto di prova, mentre il lavoratore è tenuto ad effettuarlo.
Durante il periodo di prova il datore di lavoro ed il lavoratore possono recedere dal contratto, senza l'obbligo di alcun preavviso o di indennità. Nel caso in cui viene stabilito un tempo minimo necessario per il periodo di prova, le due parti non possono esercitare la facoltà di recesso prima della scadenza del termine. Al termine del periodo di prova, l' assunzione diviene definitiva ed il periodo in questione viene conteggiato nell'anzianità del lavoratore. Il lavoratore dipendente avrà più facilmente accesso a finanziamenti quali la , nonché prestiti personali, carte di credito e mutui acquisto casa.
Anche nei casi di assunzione con contratto a termine è possibile richiedere l'effettuazione di un periodo di prova.
Per la giurisprudenza è legittimo instaurare un patto di prova anche nei contratti di formazione e lavoro, nei part-time, ed anche nel caso di contratto di apprendistato.
Con il decreto legislativo 276/2003 è stata modificata la disciplina di alcuni contratti come il contratto d'inserimento (ex formazione lavoro), il part-time, l' apprendistato. Ne sono stati anche introdotti di nuovi come la somministrazione di lavoro, il lavoro ripartito, il lavoro intermittente, il lavoro a progetto (ex co.co.co.). Tuttavia, il decreto non si esprime riguardo l'applicabilità del periodo di prova in tali tipi di contratti.
Il patto di prova è sempre applicabile nel caso del lavoratore appartenente alle categorie protette (art. 11, legge 68/1999). In quest'ultimo caso, la prova deve riguardare mansioni che tengano conto delle limitate capacità lavorative del lavoratore. Il recesso deve essere sempre motivato e non può fondarsi sulla sua ridotta capacità lavorativa. In questa particolare situazione non è inoltre richiesta la forma scritta del patto di prova (Corte Cost. 4 dicembre 2000, n. 541).
Causa del patto di prova
Il patto di prova serve a tutelare l'interesse di entrambe le parti contrattuali e a sperimentare la reciproca convenienza al contratto di lavoro. Per evitare la sua illegittimità è necessario che esso contenga le indicazioni delle mansioni al fine di poter valutare la bontà della suddetta convenienza (nella specie la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto sufficiente l'indicazione del livello contrattuale di inquadramento del lavoratore) (Cass. 22 marzo 2000, n. 3451).
Forma del patto di prova
La stipulazione scritta del patto di prova deve essere anteriore o contestuale all'inizio dell'esecuzione del rapporto di lavoro. In questo modo, il datore di lavoro non può frodare le normative di natura pubblicistica sui licenziamenti che tutelano il lavoratore. Il contratto di prova, a queste condizioni, non può quindi essere uno strumento facile per consentire la libera recedibilità dal contratto anche senza giusta causa o giustificato motivo.
Si ha la stessa salvaguardia anche nel caso della stipulazione di un contratto di lavoro subordinato a efficacia differita. Il patto di prova viene aggiunto sin dal momento della stipula e, quindi, la sua efficacia risulta differita rispetto al patto di prova medesimo. Tuttavia, non rimane in alcun modo esclusa l'anteriorità del patto di prova rispetto al momento in cui il lavoratore era stato assunto in forza del contratto di lavoro precedentemente stipulato (Cass. 14 ottobre 1999, n. 11597).
Oggetto e forma del patto di prova
II patto di prova apposto al contratto di lavoro deve risultare in forma scritta e deve contenere la specifica indicazione delle mansioni da espletarsi. Nel momento in cui manca una di queste condizioni il patto è da considerarsi nullo. Tale principio può essere interpretato e valutato in relazione alle emergenze processuali, anche di natura documentale e in riferimento al generale disposto degli art. 1366 e 1377 c.c. in tema di interpretazione ed esecuzione del contratto. Da una parte il patto di prova deve consentire al lavoratore di individuare, di conoscere preventivamente l'area della propria competenza professionale che è soggetta al giudizio di valutazione da parte del datore di lavoro. D’altra parte, proprio in relazione a tale finalità è necessario che vadano definiti, individuati e specificati le mansioni inerenti al patto di prova (Cass. 6 di-cembre 2000, n. 15473).
La ripetizione della prova
Il periodo di prova può essere ammesso anche più di una volta. Ciò avviene ad esempio nel caso di due contratti di lavoro a termine. Poiché la distanza di tempo tra le due assunzioni può essere considerevole, potrebbe altresì essere necessario verificare la permanenza delle qualità professionali e comportamentali del lavoratore al momento della stipula del nuovo contratto (Cass. 18 febbraio 1995, n. 1741).
Lavoratore disabile - Mancato superamento della prova - Indicazione dei motivi
II sistema legislativo di protezione dei lavoratori disabili assunti in prova consente il controllo giudiziario sul corretto esercizio del potere di recesso del contratto da parte del datore di lavoro. Tuttavia, l'indicazione dei motivi di recesso non deve essere obbligatoriamente contestuale alla manifestazione della volontà di recesso dal rapporto in prova. L'assenza di una motivazione contestuale (così come della adozione della forma scritta) all'atto di licenziamento non può, di per sé, incidere sulla validità ed efficacia del medesimo (Cass. 18 marzo 2002, n. 3920).
Durata del periodo di prova
I contratti collettivi di lavoro fissano la durata del periodo di prova. Ai sensi dell'art. 4, R.D.L. 13 novembre 1924, n. 1825, non può essere superiore a:
- 6 mesi per i dirigenti e gli impiegati di 1a categoria;
- 3 mesi per gli impiegati delle altre categorie, i viaggiatori o piazzisti; 1 mese per le categorie speciali;
- 15 giorni per gli operai, elevabili a 3 settimane o ad 1 mese per alcune categorie, secondo quanto previsto dal contratti collettivi; 2 mesi per gli apprendisti.
Questi termini, se le parti sono d’accordo, possono essere ridotti. Il datore di lavoro può inoltre rinunciare del tutto a richiedere il periodo di prova, assumendo immediatamente il lavoratore.
Se il datore di lavoro opta per il periodo di prova la durata dello stesso non può essere troppo breve, altrimenti verrebbe compromesso l'esito dell'esperimento. Affinché il datore di lavoro possa recedere validamente il patto è necessario che sia rispettato un arco temporale congruo ed adeguato all'incarico pattuito (Cass. 17 febbraio 2003, n. 2357).
Terminato il periodo di prova non è ammessa alcuna protrazione o rinnovo. Però, nel caso in cui un impiegato sia costretto ad interrompere il periodo di prova per richiamo alle armi il contratto si considera sospeso e l'impiegato ha diritto di continuare il periodo di prova dopo il congedo. Se l'interruzione è dovuta a malattia o a infortunio, alcuni contratti collettivi gli danno la facoltà di completare il periodo di prova qualora possa riprendere servizio entro un limite di tempo fissato dal contratto stesso. Comunque, secondo la Cassazione (sent. n. 461/88 e n. 6988 del 21 giugno 1991) la malattia sospende la decorrenza del periodo di prova per cui il rapporto di lavoro non può considerarsi risolto.
Durata del periodo di prova
Nel contratto individuale di lavoro può essere previsto un periodo di prova di durata maggiore rispetto a quella massima prevista dal contratto collettivo applicabile al rapporto. In ogni caso resta valido il limite massimo di 6 mesi previsto dall'art. 10, legge 604/66. Tale clausola inoltre può ritenersi legittima solo nel caso in cui le mansioni sono così complesse da richiedere un periodo più lungo di quello ritenuto congruo dalle parti collettive per la normalità dei casi (Cass. Sez. Lav. 19 giugno 2000, n. 8295).
Criteri di computo della durata del periodo di prova
Nel periodo di prova che comprende ad esempio 60 giorni di effettivo lavoro, si devono considerare inclusi anche i giorni di riposo. Tali giorni non interrompono la prestazione, ma ne fanno parte integrante (Trib. di Roma, 5 aprile 2001).
Effetti
Ognuna delle parti può rescindere il rapporto di lavoro durante il periodo di rpova. Nel caso in cui il licenziamento avvenga durante il periodo di prova il datore di lavoro non è tenuto a motivarlo. Nessuna motivazione è dovuta anche nel caso in cui il licenziamento avvenga al termine del periodo (Cass. 4 agosto 1998, n. 7644). Spetta quindi al lavoratore licenziato provare che il recesso è stato determinato da un motivo illecito. Allo stesso modo spetta al lavoratore dimostrare, eventualmente, che il rapporto di prova si è svolto in tempi e con modalità non adeguati rispetto a quanto era stato stabilito nel patto (Cass. 25 marzo 1996, n. 2631).