Differenze tra i rapporti di lavoro

Le caratteristiche principali nei rapporti di lavoro determinano differenze sostanziali nell'offerta di prodotti di credito.

Per qualificare un rapporto di lavoro come subordinato, la volontà espressa dai contraenti nella stipula negoziale non è un elemento decisivo. Se, nei fatti, le parti non si sono attenute a questa volontà, non si è concretizzata la subordinazione. Si devono quindi verificare l'assoggettamento alle altrui direttive, la collaborazione sistematica e non occasionale, l'osservanza di orari predeterminati, il versamento - a cadenze fisse - della retribuzione, il coordinamento dell'attività lavorativa in base all’assetto organizzativo e per le finalità dell'impresa, nonché l’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale, di rischio economico e del risultati da conseguire (Cass. 1 ° agosto 2000, n. 10077). 

In questi casi, poiché modalità di lavoro e di retribuzione dipendono dal fornitore di lavoro, è quest’ultimo a “garantire” per il lavoratore dipendente che volesse accedere ad un finanziamento. Oltre al prestito personale ed alle carte di credito, il lavoratore subordinato può chiedere di ricevere un finanziamento, in tempi abbastanza ristretti e modalità semplici. Tale finanziamento verrà poi rimborsato tramite una trattenuta diretta in busta paga e direttamente dal datore di lavoro.

Un rapporto di lavoro subordinato può essere sostituito da uno di lavoro autonomo con una nuova stipula negoziale. Anche in questo caso non basta l’accordo ma ci deve essere, nei fatti, un effettivo mutamento nello svolgimento delle prestazioni lavorative. Anche se il contenuto della prestazione può rimanere uguale deve in ogni caso venire meno il vincolo di assoggettamento del lavoratore al datore di lavoro. Il lavoratore, in questa ultima condizione non potrà più accedere alla cessione del quinto ma conserverà tutti i vantaggi degli altri sistemi di finanziamento quali prestiti personali e carte di credito.

Elementi principali e sussidiari

L'elemento distintivo del rapporto di lavoro subordinato è costituito dall'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro.  L’intensità di tale rapporto varia in relazione alla maggiore o minore elevatezza delle mansioni e alla natura delle stesse. La limitazione dell’autonomia del lavoratore ed il suo inserimento nella organizzazione aziendale sono caratteri decisivi. Altri elementi più specifici, quali ad esempio l'assenza di rischio, la continuità delta prestazione, l'osservanza di un orario e la forma della retribuzione, assumono invece natura meramente sussidiaria e non decisiva (Cass. 2 aprile 2002 n. 4682).

Distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo

Per distinguere il rapporto di lavoro subordinato dal rapporto di lavoro autonomo prendiamo in considerazione il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo del datore di lavoro. Con il diffondersi dell’esteriorizzazione di interi cicli produttivi e con l’inserimento di nuove professionalità specifiche tale vincolo di soggezione diviene sempre meno significativo della subordinazione. D’altra parte, sempre in riferimento a queste nuove realtà, assume valore ed è indice determinante della subordinazione l'assunzione per contratto di porre a disposizione del datore di lavoro le proprie energie lavorative. Il lavoratore quindi deve impiegare tali energie con continuità, fedeltà e diligenza, secondo le direttive di ordine generate impartite dal datore di lavoro e in funzione dei programmi cui è destinata la prestazione per il perseguimento dei fini propri dell'impresa datrice di lavoro. (In base al suddetto principio Ia S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva escluso il carattere subordinato di un rapporto di una propagandista di prodotti farmaceutici la cui prestazione lavorativa doveva svolgersi, sia pure con margini di discrezionalità, secondo le direttive di ordine generale impartite dalla casa farmaceutica che immetteva sul mercato i prodotti e per le finalità proprie dell'impresa stessa) (Cass. 2 Iuglio 2001, n. 9167).